Stamattina
quando sono uscito dal mio angusto bungalow ho cercato con lo sguardo il “Rova”,
il vecchio palazzo reale dei Merina (tribù che governava la zona nell’era
precoloniale) da cui, all’arrivo dei primi missionari e colonizzatori venivano
gettati nel dirupo i cristiani.
Questo
antico palazzo quadrato con le torri agli angoli, è uno dei pochi monumenti
dell’era precoloniale che sono riuscito a vedere, situato in cime alla collina
più alto di Tanà domina la capitale affacciandosi dall’alto sul lago di Anosy.
Ecco,
questa splendida vista che dovrebbe essere un’antichità dell’isola, è ormai deturpata
da ben 7 piloni delle telecomunicazione (di cui ben più alti del Rova).
Poi
siamo partiti in auto avventurandoci di nuovo nel caos della capitale, ci siamo fatti per ben 3 o 4 volte
il giro della città imbottigliati nel traffico con affianco quei caotici
mini-bus che sputano fuori in continuazione persone e fumo terribilmente nero
dai tubi di scappamento.
Girando
attorno al laghetto di Anosy ho potuto osservare bene anche il parco circostante
pieno di persone e famiglie che bivacchiano lì attorniati dai cumuli di
immondizia e dai soliti polli e galline che beccano in giro alla ricerca di qualcosa
(un po’ come le persone).
Un’altra
cosa eccezionale del caos di Tanà è la quantità di bancarelle (a volte vere e
proprie in legno ma spesso delle semplici stuoie poggiate a terra) che costeggiano
e riempono ogni centimetro sul lato della strada e che anzi, spesso e
volentieri, prendono anche parte della strada stessa.
Sembra
davvero che ogni angolo della città sia un mercato a cielo aperto ed ogni
strada ha più o meno una sua tipologia di oggetti; per esempio c’è la zona di
gomme e cerchioni per auto, un altro di cavi e interruttori elettrici o un altro
ancora pieno di attrezzi da lavoro (pale, picconi, cazzuole, ecc..).
Visto
che gli ingorghi sono frequentissimi, spesso dovuti a qualche taxi scassato che
non riesce più ad accendersi in salita e che quindi deve guadagnarsi un po’ di
spazio per riuscire ad accendersi in retromarcia, ho avuto il tempo di
osservare non solo le bancarelle ma anche le persone e verso l’ora di pranzo,
in cui tra il sole e lo smog fa molto caldo, ho visto un sacco di bambini
rannicchiati sotto le bancarelle alla ricerca di un filo di ombra mentre
mangiano il loro vary (riso).
Per
pranzo sono andato da solo all’Hotel-ristorante Sakamanga (un’istituzione per i
turisti della città) dove ho mangiato un ottimo buffet con un po’ di tutto; ma
la cosa migliore del posto erano le scale e i corridoi, le cui pareti sono
praticamente un museo del Madagascar, con vecchi attrezzi da lavoro (non molto
diversi da quelli attuali), con gli strumenti musicali tipici di ogni città e
ritagli di giornale dell’era precoloniale.
Qui
ho anche potuto constatare la scortesia dei vahaza francesi che, a fatica,
rispondono ad un semplice saluto.
Nel
frattempo abbiamo girato i ministeri per le carte del centro e del mio visto.
Per quest’ultimo
è tutto a posto ma il problema ora è al mia residenza nel centro coi bambini perché,
visto che hanno già avuto problemi di pedofilia coi cooperanti, hanno storto il
naso su questo fatto ed inoltre avendo un visto turistico non potrei risiedere
fisso in un luogo.
Ora
andremo a vedere se il commissario degli affari dei minori di Fianar mi rilascerà
qualche documento per risolvere il problema altrimenti dovrò inventarmi qualche
cosa per non avere problemi giudiziari (cosa consigliata in uno stato africano
se avete letto l’articolo “penitenziario”).
Qualche
idea c’è già ma non voglio ancora fasciarmi la testa prima di romperla (anche
se io credo nella legge di Murphy quindi mi sto già preparando).
Dopo
tutti gli sbattimenti, mentre la mie rotelle viaggiavano ancora a mille alla
ricerca di qualche soluzione dell’empasse sulla mia residenza, siamo andati a fare un giro
nella “haute ville” dove ho potuto vedere da vicino il Rova e da dove mi sono
goduto uno squarcio di tramonto sulla sterminata distesa di case e colline
della capitale.
Poi
siamo tornati al nostro “tranquillo” hotel fuori città, in cui c’era una festa
di malgasci che sparavano brutta musica commerciale occidentale da un mini-bus,
dove mi sono mangiato una buona anatra con patate annaffiata da due bei
birrozzi ghiacciati.
Infine,
per chiudere bene la giornata, mi sono fatto una bella chiamata di un’ora e
mezza coi miei genitori in cui ho potuto sfogare un po’ delle frustrazioni di
questa esperienza, visto che a volte mi sento davvero come Don Chisciotte
contro i mulini a vento ma di questo parlerò meglio in un altro articolo.
Ora,
accompagnato da un po’ di musica, mi preparo a dormire che domani mi aspetta il
viaggio di ritorno…