martedì 30 aprile 2013

Giornata ad Antananarivo


Stamattina quando sono uscito dal mio angusto bungalow ho cercato con lo sguardo il “Rova”, il vecchio palazzo reale dei Merina (tribù che governava la zona nell’era precoloniale) da cui, all’arrivo dei primi missionari e colonizzatori venivano gettati nel dirupo i cristiani.
Questo antico palazzo quadrato con le torri agli angoli, è uno dei pochi monumenti dell’era precoloniale che sono riuscito a vedere, situato in cime alla collina più alto di Tanà domina la capitale affacciandosi dall’alto sul lago di Anosy.
Ecco, questa splendida vista che dovrebbe essere un’antichità dell’isola, è ormai deturpata da ben 7 piloni delle telecomunicazione (di cui ben più alti del Rova).
Poi siamo partiti in auto avventurandoci di nuovo nel caos della capitale, ci siamo fatti per ben 3 o 4 volte il giro della città imbottigliati nel traffico con affianco quei caotici mini-bus che sputano fuori in continuazione persone e fumo terribilmente nero dai tubi di scappamento.
Girando attorno al laghetto di Anosy ho potuto osservare bene anche il parco circostante pieno di persone e famiglie che bivacchiano lì attorniati dai cumuli di immondizia e dai soliti polli e galline che beccano in giro alla ricerca di qualcosa (un po’ come le persone).
Un’altra cosa eccezionale del caos di Tanà è la quantità di bancarelle (a volte vere e proprie in legno ma spesso delle semplici stuoie poggiate a terra) che costeggiano e riempono ogni centimetro sul lato della strada e che anzi, spesso e volentieri, prendono anche parte della strada stessa.
Sembra davvero che ogni angolo della città sia un mercato a cielo aperto ed ogni strada ha più o meno una sua tipologia di oggetti; per esempio c’è la zona di gomme e cerchioni per auto, un altro di cavi e interruttori elettrici o un altro ancora pieno di attrezzi da lavoro (pale, picconi, cazzuole, ecc..).
Visto che gli ingorghi sono frequentissimi, spesso dovuti a qualche taxi scassato che non riesce più ad accendersi in salita e che quindi deve guadagnarsi un po’ di spazio per riuscire ad accendersi in retromarcia, ho avuto il tempo di osservare non solo le bancarelle ma anche le persone e verso l’ora di pranzo, in cui tra il sole e lo smog fa molto caldo, ho visto un sacco di bambini rannicchiati sotto le bancarelle alla ricerca di un filo di ombra mentre mangiano il loro vary (riso).
Per pranzo sono andato da solo all’Hotel-ristorante Sakamanga (un’istituzione per i turisti della città) dove ho mangiato un ottimo buffet con un po’ di tutto; ma la cosa migliore del posto erano le scale e i corridoi, le cui pareti sono praticamente un museo del Madagascar, con vecchi attrezzi da lavoro (non molto diversi da quelli attuali), con gli strumenti musicali tipici di ogni città e ritagli di giornale dell’era precoloniale.
Qui ho anche potuto constatare la scortesia dei vahaza francesi che, a fatica, rispondono ad un semplice saluto.
Nel frattempo abbiamo girato i ministeri per le carte del centro e del mio visto.
Per quest’ultimo è tutto a posto ma il problema ora è al mia residenza nel centro coi bambini perché, visto che hanno già avuto problemi di pedofilia coi cooperanti, hanno storto il naso su questo fatto ed inoltre avendo un visto turistico non potrei risiedere fisso in un luogo.
Ora andremo a vedere se il commissario degli affari dei minori di Fianar mi rilascerà qualche documento per risolvere il problema altrimenti dovrò inventarmi qualche cosa per non avere problemi giudiziari (cosa consigliata in uno stato africano se avete letto l’articolo “penitenziario”).
Qualche idea c’è già ma non voglio ancora fasciarmi la testa prima di romperla (anche se io credo nella legge di Murphy quindi mi sto già preparando).
Dopo tutti gli sbattimenti, mentre la mie rotelle viaggiavano ancora a mille alla ricerca di qualche soluzione dell’empasse sulla mia residenza, siamo andati a fare un giro nella “haute ville” dove ho potuto vedere da vicino il Rova e da dove mi sono goduto uno squarcio di tramonto sulla sterminata distesa di case e colline della capitale.
Poi siamo tornati al nostro “tranquillo” hotel fuori città, in cui c’era una festa di malgasci che sparavano brutta musica commerciale occidentale da un mini-bus, dove mi sono mangiato una buona anatra con patate annaffiata da due bei birrozzi ghiacciati.
Infine, per chiudere bene la giornata, mi sono fatto una bella chiamata di un’ora e mezza coi miei genitori in cui ho potuto sfogare un po’ delle frustrazioni di questa esperienza, visto che a volte mi sento davvero come Don Chisciotte contro i mulini a vento ma di questo parlerò meglio in un altro articolo.
Ora, accompagnato da un po’ di musica, mi preparo a dormire che domani mi aspetta il viaggio di ritorno…

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